Un Ariosto dei nostri giorni, se ancora l’industria editoriale se lo potesse permettere, non canterebbe più le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie; le audaci imprese nell’età dell’informazione forzerebbero il poeta a eternare i malware, gli hacker, i protocolli di sicurezza, le righe di codice, le centrali atomiche, le corporation dell’energia, i server delle banche. Un’occhiata al materiale consiglierebbe al vate di comporre in inglese, come i Beatles; una buona scena di esordio sarebbe quella della Conferenza del G20 a Hangzhou, tra il 4 e il 5 settembre, quando l’Obama furioso avverte Russia e Cina che in fatto di «cyber war» gli Stati Uniti sono più forti di chiunque altro, sia in attacco sia in difesa. Nella memoria del presidente americano con si trova traccia dell’Ariosto, ma c’è spazio per l’immaginario del cinema di Hollywood: da qui sorge il paragone tra Internet e il Far West («Old Wild West» nella formula originale del leader USA), accennato per avanzare la richiesta di un insieme di regole condivise tra le maggiori potenze militari del pianeta, al fine di impedire una rincorsa ai «cyber» armamenti. Con l’auspicio che nessuna voglia ripetere gli errori della Guerra Fredda. Continue reading “Perché Obama confonde la Cyber war con la guerra”